sabato 7 febbraio 2009

NON MANCATE

GRANDE CARNEVALE DEI BAMBINI


PRESSO PARROCCHIA S.GIOVANNI BATTISTA

CAMPOBELLO DI MAZARA


SABATO 21 FEBBRAIO 2009

DALLE ORE 16.00 ALLE ORE 18.00


Viva i coriandoli di carnevale,bombe di carta che non fanno male!
Van per le strade in gaia compagniai guerrieri dell'allegria si sparano in faccia risatescacciapensieri,si fanno prigioniericon le stelle filanti colorate.
non servono infermieri perché i feriti guarisconocon una caramella.Guida l'assalto, a passo di tarantella,il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia:tutti a nanna.Sul guancialespicca come una medaglia un coriandolo di Carnevale.
(G. Rodari)




Parrocchia Maria SS. Al Presepe, Chiesa Madre di Campobello di Mazara.

LA CHIESA MARIA SS. DEL PRESEPE[1]
(A cura del gruppo giovani di Campobello di Mazara)

La chiesa, anche se piccola, si presentava sino agli inizi del XIX sec. dignitosa ed accogliente. Sorta per servire le esigenze spirituali dell’agglomerato urbano, era sita a nord del castello federiciano, in una zona ricca di acque faldifere e servita da un pozzo scavato nella roccia a cui attingevano gli abitanti del contado. “Acqua della chiesa”, era considerata dal popolo l’acqua che abbondante e rigogliosa zampillava dal pozzo; accanto ad esso gli abitanti della zona avevano voluto la loro Chiesa e preferivano la sua acqua alle numerose risorse idriche di cui era ricca l’estesa falda del feudo della Guardiola. Presso tutti i popoli e in tutte le religioni si riscontra il culto delle acque salutari. L’acqua che sgorga è il simbolo della purificazione interiore. Anche l’antica Chiesa Madre di Campobello è sorta accanto ad una fonte d’acqua: un pozzo scavato nella roccia, la cui presenza era stata tramandata dalle precedenti generazioni, anche se nessuno ormai ne conosceva l’esatta ubicazione. Poco distante, nel presbiterio, dove ora è sito l’altare maggiore e il coro, scorreva l’acqua, proveniente forse dal fiume sotterraneo, di cui fa memoria il geografo, e che si riversava in un acquedotto naturale, dopo aver attraversato il centro urbano.
La chiesa, costruita ad unica navata, annoverava nel suo interno quattro cappelle, oltre l’altare maggiore dedicato alla Santa Madre di Dio. La prima delle quattro cappelle, dedicata al SS. Crocifisso, era stata realizzata per accogliere ed onorarvi l’immagine sacra del Crocifisso, opera scultorea di frate Umile da Petralia, dono alla città del duca don Giuseppe II Napoli e Barresi. Il popolo andava fiero di quel dono e l’aveva accolto con grandi ovazioni. Il Crocifisso era arrivato nel paese un mercoledì di maggio e trasportato con una solenne processione nella Chiesa Madre la domenica successiva, il 23 maggio 1666, presenti il clero di Campobello e della vicina Castelvetrano e una folla immensa di fedeli, che salmodiando ringraziavano Dio ed inneggiavano al Duca per l’inestimabile dono.
La seconda cappella, dedicata a Nostra Signora del Santo Rosario, costituiva il punto focale del culto mariano. Erano stati i Padri Domenicani a diffondere tra gli abitanti del piccolo centro rurale la pia pratica del rosario e tale devozione era rimasta ben radicata tra i fedeli anche dopo la chiusura del convento e il passaggio della chiesa al clero secolare.
Nella parte opposta alle due cappelle erano situati due altari dedicati rispettivamente alle anime sante del purgatorio e a San Francesco Saverio. Il culto a questo Santo era stato diffuso dai Gesuiti.
La quarta cappella, dedicata alle anime sante del Purgatorio, era stata costruita con i legati, costituiti in favore della Chiesa Madre da Andrea d’Antonuzzo, come da atto notarile del 6 giugno 1670. Il culto della cappella veniva alimentato dalla questua.
I cappellani curati che si succedettero nella Chiesa Madre dal 20 dicembre 1622 al 1695, anno della istituzione dell’arcipretura, furono ben tredici. Nella serie della cronitassi si ricordano:

Don Giuseppe Ribaudo (anno 1622)
Don Vito di Maggio da Castelvetrano
Frate Tommaso Pannocchia da Sciacca
Don Giuseppe Basconi da Castelvetrano
Don Girolamo Corleo da Castelvetrano
Don Francesco Mazara da Marsala
Don Antonio Antonuzzo da Castelvetrano
Don Pietro Mangiapane
Don Vincenzo Li Causi
Don Francesco Varvaro da Partanna
Don Francesco Bianco
Don Antonio De Maria
Don Leonardo Prinzivalli da Campobello, che fu anche il primo arciprete.


LA CHIESA MARIA SS. DEL PRESEPE[2]
(da chiesa curata ad arcipretura)

Il numero degli abitanti di Campobello, sul finire del secolo XVII, si era ormai consolidato in oltre seicento unità e si intravedevano tutte le premesse per un successivo consistente incremento demografico quando il Duca avanzò la proposta alla Curia Vescovile di Mazara per costituire il nuovo beneficio parrocchiale, che innalzava ad arcipretura la chiesa sino ad ora semplice curazia.
La ragione ditale incremento è da ricercarsi in alcuni fattori concorrenti: l’immigrazione di interi nuclei familiari dai paesi limitrofi e dalla Sicilia orientale, l’assenza di lunghe guerre e pestilenze e un più agiato tenore di vita nel mondo agricolo.
La Curia Vescovile, prendendo atto dello sviluppo che aveva assunto la comunità, accolse benevolmente la richiesta del Duca e del popolo di trasformare in beneficio parrocchiale la chiesa curata di Maria SS. del Presepe. La bolla di erezione fu redatta il 30 maggio 1695 dal Vicario Capitolare don Ascenzio Graffeo, che resse la Diocesi durante la “sede vacante”, e perfezionata dal nuovo vescovo Bartolomeo Castelli. Il duca don Giuseppe III Napoli dotò il beneficio parrocchiale, come dagli atti del notaio Antonino Giuseppe Cofara e Tagliaferri in data 18 maggio 1695, acquisendo il diritto di patronato sulla nuova parrocchia e il conseguente privilegio di presentare al Vescovo il nominativo dell’arciprete pro-tempore.
La nuova chiesa parrocchiale fu ristrutturata nel 1715 sulle basi dell’antica chiesa, ma risultò molto più spaziosa della precedente. Strutturalmente rimase ad una sola navata ma più allungata ed insistente a settentrione con la casa di civile abitazione del defunto sacerdote don Antonino Gavio Junior, su terreno concesso a censo da don Giacomo Scuderi; la parte anteriore rimase prospiciente il piano grande (oggi villa comunale). Sullo stesso piano, di fronte alla chiesa, si ergeva il palazzo ducale, ancora oggi ben visibile nel suo prospetto esteriore. La struttura interna della nuova chiesa, benedetta e dedicata a Santa Maria ad Nives (Santa Maria del Presepe), presentava cinque cappelle: sull’altare maggiore sovrastava il SS. Crocifisso, opera scultorea di frate Umile da Petralia; le altre quattro cappelle simmetricamente disposte erano dedicate alla Sacra Famiglia (Gesù, Maria, Giuseppe), a Santa Maria del lume, a Sant’Anna e alla Madonna del rosario. Nella chiesa erano disposte, inoltre, le statue di san Vito e di san Francesco di Sales ed alcune pitture in tela. Dal centro della navata si accedeva alla cripta inferiore dove erano situate tre zone di sepoltura, due delle quali destinate ai fedeli defunti e una terza riservata al clero e ai soci della confraternita del SS. Crocifisso. Nella sua austera semplicità la chiesa offriva agli abitanti del paese un luogo di preghiera molto raccolto e un ambiente dignitoso ed accogliente dove i fedeli potevano assolvere convenientemente i doveri religiosi.
Il primo arciprete chiamato a reggere la comunità fu il campobellese don Leonardo Prinzivalli, che resse la parrocchia per un decennio e prese parte al sinodo diocesano indetto dal vescovo Bartolomeo Castelli. Al Prinzivalli seguirono nel corso del secolo ben otto arcipreti, tutti provenienti dai paesi limitrofi. Nell’ordine della cronotassi:

Don Leonardo Prinzivalli da Campobello (1695-1705)
Don Salvatore Ciambra da Mazara (1705-1718)
Don Giacinto Barrile da Mazara (1718-1719)
Don Cristoforo Nolfo da Trapani (1719-1720)
Don Antonino Rubbino da Castelvetrano (1720-1723)
Don Nicolò Carrara da Trapani (1723-1731)
Don Pietro Gangi da Castelvetrano (1731-1753)
Don Leonardo Bascone da Castelvetrano (1753-1792)
Don Giovanni Maggio da Castelvetrano (1792-18 17)

NASCE L’ATTUALE CHIESA MADRE[3]

L’incremento della popolazione, registrato all’inizio del secolo, fu dell’ 80% e la popolazione raggiunse i 3200 abitanti; l’assistenza religiosa era assicurata da un cospicuo numero di sacerdoti, una decina, oltre i chierici che si preparavano al sacerdozio.
L’aumento costante della popolazione rese urgente il fabbisogno di una nuova chiesa parrocchiale o, almeno, di ampliare quella già esistente. Una richiesta in tal senso era stata già avanzata il 12 luglio 1807 dall’arciprete del tempo, don Giovanni Maggio, che aveva prodotto formale istanza al Vescovo, confortato anche dalla volontà del clero locale: don Pietro Tumbarello, don Filippo Tumbarello, don Vito Lombardo, don Antonino Monti, don Michele Cusumano e don Antonio Montalto; ma il momento non si era rivelato propizio e l’idea era stata abbandonata, anche se non erano mancate le continue sollecitazioni del popolo. Ciò che allora si era rivelata una chimera, doveva realizzarsi durante il lungo economato di don Vito Lombardo. Su disegno dall’architetto Sacchetti, nell’anno giubilare 1825 furono iniziati i lavori di ricostruzione, che videro tutto il popolo impegnarsi con entusiasmo per la realizzazione del progetto architettonico. I lavori furono portati a termine sul finire degli anni trenta, quando finalmente l’arcipretura era passata nelle mani del can. Francesco Napoli (1839-1848).
La nuova chiesa risultò più che triplicata nella sua estensione conglobando l’attigua area circostante, costituita da una ammasso roccioso, che andava dolcemente declinando sino a lambire il piano maggiore sito tra la Chiesa e il Castello ducale. La nuova costruzione si estese ad Occidente della vetusta chiesa e il pozzo scavato nella roccia venne a ritrovarsi nella navata centrale del nuovo edificio, nella zona sacra, consacrata dalla pietà popolare come sacrario dove furono religiosamente raccolti e conservati in due tombe comuni i resti delle generazioni più antiche. La cripta secolare, alla quale si accedeva con dodici gradini scavati nella roccia e sita nel centro dell’antica Chiesa Madre, in parte fu adibita per l’installazione di contrafforti destinati ad assicurare la staticità del nuovo edificio, mentre la parete ad oriente rimase come limite e attorno ad essa furono rifinite le cappelle laterali. Un lavoro edilizio che impegnò oltre un decennio le maestranze locali con l’ausilio di tutto il popolo che non risparmiò energie per assicurare alle generazioni future un tempio assai decoroso.
La nuova chiesa parrocchiale, ristrutturata ed ampliata con il contributo del popolo, del Comune e con cespiti provenienti da fondazioni, risultò accogliente, di stile neoclassico, a tre navate con transetto e decorazioni anch’essi a stile neoclassico. La facciata, sottolineata da piatte lesene di gusto classicheggiante, si apriva nel grande spiazzale, dove oggi sorge la villa comunale. Al visitatore la chiesa, rivestita di nuovo splendore, offriva nove altari, di cui il principale, l’altare maggiore, dedicato a san Vito martire, patrono del paese, dominava il presbiterio. Una statua lignea raffigurante il Santo, opera scultorea del secolo XVIII, rivestita da una preziosa lamina d’argento, troneggiava sull’altare. Due tele di grande valore artistico raffiguranti san Pietro e il sacro cuore di Maria sovrastavano il coro ligneo. Gli altri Otto altari, quattro per ogni navata, impressero al tempio una particolare sontuosità e decoro; dedicati a vari santi, essi sono ancora oggi ben riconoscibili come:
L’altare del Crocifisso: in questa cappella si conservava anche il SS. Sacramento per la pubblica adorazione. Divenne la cappella più sontuosamente adornata e nell’arco del tempo fu anche arricchita da tre tele, opere pittoriche di Domenico Grovenzani di Palma di Montechiaro (1902), raffiguranti Gesù nell’orto degli ulivi, Gesù flagellato alla colonna e il trionfo della fede.
Altare dell’Immacolata; era posto in simmetria con l’altare del Crocifisso. La statua lignea è opera scultorea attribuita alla scuola del Bagnasco. Attorno a questo altare si sviluppò il culto mariano con la recita quotidiana della corona del rosario patrocinato dall’associazione delle Figlie di Maria.
Altare di san Francesco di Sales: quest’altare aveva le pareti ornate da due tele raffiguranti santa Caterina da Siena e la Madonna del Carmelo.
Altare della Madonna Addolorata; nella cappella era situata una statua in carta pesta modellata in modo artistico assai valida. Sotto l’altare era posta un’urna con il simulacro di Gesù Crocifisso, opera artistica del palermitano Calabrò. La cura dell’altare e della relativa cappella fu affidata alla confraternita dei “Sette dolori della SS. Vergine”, che era sorta sul finire del settecento.
Altare di san Giuseppe. La cappella custodiva un’antica statua in legno raffigurante il Santo. Ornavano la cappella due tele: lo sposalizio e la morte di san Giuseppe. Il culto verso questo grande patriarca è rimasto sempre vivo nelle famiglie, che ancora oggi venerano il Santo come protettore della famiglia e del lavoro. In suo onore ogni anno vengono allestiti nelle famiglie “Gli altari di San Giuseppe”, manifestazione religiosa che unisce le istanze della fede e del folklore e richiama attorno a sé momenti aggregativi e di convivialità agro-alimentare.
Altare della Madonna del Rosario. Un culto particolare rimasto nella chiesa ad opera dei domenicani, una volta rettori dell’antica chiesa a cui era annesso il convento dedicato a Maria SS. delle Grazie.
Altare della Madonna della neve; era la cappella della Madonna, in quanto titolare della parrocchia stessa. Sull’altare era situata una tela, opera del pittore palermitano Luigi Lo Jacono (anno 1843)
L’ottava cappella custodisce la tela delle anime sante del Purgatorio.

La Chiesa Madre ancora oggi conserva le stesse caratteristiche strutturali anche se la disposizione degli altari è alquanto diversa. Don Vito Lombardo, amministratore parrocchiale per oltre un ventennio, poté consegnare al nuovo arciprete don Francesco Napoli di Mazara, nominato dal Vescovo nel 1839, un Tempio sontuoso nel suo insieme, vanto di tutta la cittadinanza.

LA CHIESA MADRE OGGI[4]
(Dal secolo XX agli albori del 3° millenio)

Per oltre due secoli, sino all’immediato dopoguerra,la chiesa santa Maria presepe era rimasta l’unica parrocchia del territorio. I sacerdoti, riuniti nel presbiterio di questa unica parrocchia riconoscevano come autorità religiosa locale il parroco, che, primus inter pares, prendeva il nome da arciprete ed era il titolare del beneficio parrocchiale.
Dopo la lunga arcipretura di don Andrea Fasulo, la parrocchia fu affidata alle cure pastorali di don Vito Cuttone, sacerdote campobellese. Il nuovo arciprete, divenuto parroco nel 1927 alla veneranda età di anni 71, si trovò a reggere la comunità in un momento assai difficile.
Si era in pieno regime fascista e l’Azione Cattolica fu l’unica associazione che sopravvisse con un programma formativo e spirituale all’insegna della libertà.
Nella sacra visita del 1905 il vescovo Audino aveva evidenziato la presenza di soli tre sacerdoti, oltre l’arciprete; di essi uno solo era campobellese: don Michelangelo Camminzuli di Castelvetrano, don Vito Cuttone di campo bello e don Giovanni Marchello di Castelvetrano.
Solo dopo alcuni anni si ebbe una rifioritura di giovani sacerdoti: don Salvatore La Rosa (1881-1944), don Bernardo Rizzo (1881-1944), don Giuseppe Nuccio (1884-1964) e don Vito Indelicato (1885-1954), ma il difficile momento storico che l’Itali attraversava e la mancanza di un programma pastorale organico portarono la comunità ad un immobilismo religioso con grande detrimento per la vita cristiana.
Antonino Arini resse la parrocchia negli anni difficili della guerra (1941-1944) e si dimostrò molto attivo e di grande sagacia nell’attività; fu un vero angelo consolatore in mezzo al popolo provato dai gravi lutti di una guerra micidiale.
Nella festa di Cristo Re dell’anno 1942, mentre gli animi erano oppressiti dalla micidiale guerra, l’arciprete Arini volle che si consacrasse in forma solenne la Chiesa Madre, già ricostruita ed officiata da più di un secolo.
La solerzia dei due ultimi arcipreti aveva permesso di ultimare i lavori di ripristino delle strutture e della decorazione, grazie anche alla munificenza di Filippina Bonacasa, che aveva contributo a completare a proprie spese la balaustra e la pavimentazione marmorea della navata centrale.
Il rito della consacrazione si svolse in orma solenne, presenziato dal vescovo Salvatore Ballo, dal presbiterio diocesano e da una moltitudine di fedeli accorsi anche dai paesi vicini.
Una lapide marmorea venne a testimonianza con una iscrizione dettata da Mons. Arini a Campobello fu molto breve; chiamata a reggere nel 1944 la parrocchia di Matrice di Marsala, lasciò nel paese un ottimo ricordo della bontà del cuore e delle sue valide capacità pastorali.
Il vescovo Salvatore Ballo affidò la parrocchia a don Giuseppe Scuderi di Castellammare del Golfo che lo tenne per dodici anni ( 1945-1957) durante i quali il nuovo parroco si sforzo di instaurare un certo dialogo con i ragazzi e i giovani del paese.

Catalogo degli arcipreti - parroci della Chiesa Madre[5]

Don Leonardo Prinzivalli di Campobello (1695-1705)
Don Salvatore Ciambra di Mazara del Vallo (1705-1718)
Don Giacinto Barrile di Campobello (1718-1719)
Don Cristoforo Nolfo di Trapani (1719-1720)
Don Antonino Rubino di Castelvetrano (1720-1723)
Don Nicolò Carrara di Trapani (1723-173 1)
Don Pietro Gangi di Castelvetrano (1731-1753)
Don Leonardo Bascone di Castelvetrano (1753-1792)
Don Giovanni Maggio di Campobello (1792-1817)
DonVito Lombardo di Campobello , vicario economo (18 17-1839)
Don Francesco Napoli di Mazara del Vallo (1839-1848)
Don Giuseppe Guccione di Campobello (185 1-1886)
Don Andrea Fasulo di Castelvetrano (1888-1924)
Don Vito Cuttone di Campobello (1927-1935)
Don Antonino Salvaggio di Poggioreale (1936-1940)
Don Antonino Armi di Marsala (1941-1944)
Don Giuseppe Scuderi di Castellammare del Golfo (1945-1957)
Don Gaspare Caracci di Partanna (1957-1964)
Don Giorgio Spidalieri di Randazzo (1965-1989)
Don Gaetano Varvaro di Partanna (1989- 2001)
Don Pietro Pisciotta di Campobello, amministratore parrocchiale (2001)


[1] Cfr. P. Pisciotta, La Chiesa di Campobello di Mazara. Storia, religiosità ed arte, ed Grafiche Napoli S.r.l., 2006 Campobello di Mazara, 20-22.
[2] Cfr. P. Pisciotta, La Chiesa di Campobello di Mazara. Storia, religiosità ed arte, ed Grafiche Napoli S.r.l., 2006 Campobello di Mazara, 23-26.
[3] Cfr. P. Pisciotta, La Chiesa di Campobello di Mazara. Storia, religiosità ed arte, ed Grafiche Napoli S.r.l., 2006 Campobello di Mazara, 37-40.
[4] Cfr. P. Pisciotta, La Chiesa di Campobello di Mazara. Storia, religiosità ed arte, ed Grafiche Napoli S.r.l., 2006 Campobello di Mazara, 45-48.
[5] Cfr. P. Pisciotta, La Chiesa di Campobello di Mazara. Storia, religiosità ed arte, ed Grafiche Napoli S.r.l., 2006 Campobello di Mazara, 89.

E' tempo di pagelle

Una madre entra nella camera della figlia e la trova vuota con una lettera sul letto; presagendo il peggio, apre la lettera e legge quanto segue:
Cara mamma, mi dispiace molto doverti dire che me ne sono andata col mio nuovo ragazzo. Ho trovato il vero amore e lui, dovresti vederlo,è così carino con tutti i suoi tatuaggi, il piercing e quella sua grossa moto veloce. Ma non è tutto, mamma: finalmente sono incinta e Abdul dice che staremo benissimo nella sua roulotte in mezzo ai boschi. Lui vuole avere tanti altri bambini e questo è anche il mio sogno. E dato che ho scoperto che la marijuana non fa male, noi la coltiveremo anche per i nostri amici, quando non avranno la cocaina e l'ecstasy di cui hanno bisogno. Nel frattempo spero che la scienza trovi un cura per l'AIDS così Abdul potrà stare un po' meglio: se lo merita! Non preoccuparti mamma, ho già 15 anni e so badare a me stessa. Spero di venire a trovarti presto così potrai conoscere i tuoi nipotini. La tua adorata bambina
P.S. tutte balle, mamma! Sono dai vicini. Volevo solo dirti che nella vita ci sono cose peggiori della pagella che ti ho lasciato sul comodino.
Ti voglio bene!